AGGHIASTRU incantu

 

Ottobre 2007, ecco finalmente uscire il debut-CD di AGGHIASTRU. E' stato un lungo e travagliato parto, ma oggi 'INCANTU', questo il titolo, e' realta'. Con l'artista siculo abbiamo pensato di compiere un viaggio lungo l'impervio sentiero, dalla genesi dell'album al totale abbandono delle idee contenute in esso, salvo poi riprenderle nello spettacolo dal vivo.

Agghiastru ci raccontera' nei dettagli, canzone dopo canzone, tutto l'umore artistico maturato in questi ultimi due anni.

Che disco e' 'Incantu'?

"E' un disco che mi deve rappresentare al cento per cento. Lo vedo come un qualcosa di elegante, ma quel tipo di eleganza che vedi cucita addosso ad un barbone. Suona come un disco rock, ma invece delle chitarre ha il piano, e al posto del cantato in inglese ha il vernacolo siciliano che a tratti neanch'io so spiegare, ma e' un bene, perche' non deve essere chiaro, non voglio dire niente a nessuno in fondo. E' un disco di passioni, e gli elementi ci sono tutti. Parlo di sangue, pianto, di cuore, di morte, vento, fuoco, puttane e suicidi, stelle cadenti sterili, c'e' spesso il cielo e le due palle a rincorrersi. C'e' l'amore andato a male, e la vita finita peggio. L'incanto e' per chi ha ancora voglia di crederci, ed io ne offro un po' del mio".

Cosa rappresenta oggi, nel tuo percorso, 'Incantu'?

"E' un ideale contenitore che raccoglie, nel bene, e soprattutto nel male, tutte le emozioni intercorse tra me ed il mondo esterno, nel periodo che va dalla pubblicazione di 'Piccatu' del 2004 a oggi.
E' stata dura, doverle prima provare, tutte queste vibrazioni dell'animo, subire, e dopo tradurle in musica. Perche' vedi, arrivati ad un certo punto non riesci piu' a contenerle in te stesso, diventano ossessioni, quindi il modo migliore per andare avanti e' sbarazzarsene, affrontarle e, nel mio caso intrappolarle in un disco. Oggi affronto dal vivo i testi che mi riportano alla mente quei momenti, come miseri fantasmi, incapaci di ferirmi, e comunque sconfitti".

E' come se ti gurdassi allo specchio e sul tuo viso vedi tutti i segni della tua vita passata, invece oggi parte di queste immagini sono esorcizzate dalla presenza del disco che le racchiude. Ma possiamo quindi definirlo un momento catartico, di arrivo?

"Non saprei definirlo catartico o liberatorio. Comunque d'arrivo sì. Nel senso che ormai ho concluso il famoso giro di boa. Sono in giro da oltre quindici anni e penso di aver detto abbastanza col linguaggio della musica, a me stesso e non solo. Oggi voglio pensare di ripartire da qualche altro punto, e sicuramente 'Incantu' in questo senso e' sia un arrivo che un trampolino verso l'altrove".

E' stato faticoso, anche dal punto di vista strettamente tecnico, intendo registrazione, esecuzione, musicisti...

"E' vero, la musica mi da' il tormento. Un pittore si serve del pennello, del colore, della tela, credo che arrivi in maniera piu' semplice alla traduzione dei suoi intenti. Io detesto stare chiuso in uno studio di registrazione. Fare in modo che tutti i suoni convivano armoniosamente, che l'esecuzione sia accettabile, e poi per me era tutto nuovo, non avevo mai lavorato con spazzole, maracas, chitarre classiche, contrabbasso ecc. Pero' alla fine il risultato mi soddisfa. E' moderatamente grezzo per come lo volevo, e di grande impatto, e soprattutto originale".

Affrontiamo quindi la track-list, pezzo per pezzo. Raccontami del titolo, qualche aneddoto, della parte musicale, insomma nel tuo stravagante melange cantautorale fatto a base di folk siciliano, rock, teatro, di cose da raccontare ce ne sono. Facciamo a pezzi 'Incantu'!

"Il Cd si apre con la canzone 'l'Incantu', cominciai a scriverla a fine agosto 2004. E' una song piano e voce che va crescendo nel finale con qualche arpeggio di chitarra, una batteria 'spazzolata' e basso, dal vivo diventa veramente acida. Volevo fosse chiaro fin dall'inizio che questo progetto chiamato 'Agghiastru' riguardasse me, che racconto delle mie paranoie col solo utilizzo del pianoforte. E' lenta, pacata, disillusa. Racconta di quanto sia bello precipitare in quel tipo d'incotro con una donna, quando cominci a dare un senso alla parola amore. Lo capisci perche' fino a quel momento ti vergognavi di usare la parola 'amore', poi invece lo vorresti gridare a tutti. Bene, il momento e' un incanto, lo vivi come una seconda nascita. Poi, come spesso capita, proprio perche' bisogna essere in due, ti accorgi che uno dei due ha in se' qualcosa di marcio. Il terreno dove ti vedevi fiorire e' arido, oppure non sei tu capace di far germogliare qualcosa. Arrivo a conclusione che l'incanto sia vero solo per meta'. La prima parte delle emozioni e' straordinaria e ti si cuce addosso per il resto della tua vita, l'altra...e' semplicemente impossibile da realizzarsi, contro natura".

Sangue!

"Il secondo brano volevo desse l'idea che, nonostante l'assenza delle chitarre, la mia musica potesse essere ugualmente 'violenta', rock. Ho pensato di renderlo piu' chiaro con delle percussioni ossessive, tribali. Anche il cantato e' molto basso e ti da' l'impressione che stia recitando un mantra. Ecco, l'immagine sciamanica con 'Sangu' comincia a venire fuori. Ho usato anche vecchi campanacci, corni, fisarmoniche e basso distorto. Il piano bilancia con la sua melodia il senso tragico del pezzo. Il sangue in ogni grande storia di passione ha un ruolo da protagonista. Racconto di tutto quello che occorre nell'intraprendere questa sorta di battaglia, perche' e' così che vedo le mie relazioni sentimentali, sangue, sangue, e solo sangue... e alla fine c'e' pure una soluzione per giungere al cuore della tua amata, ma lo scoprirete leggendo il testo".

A questo punto, se l'ascoltatore crede di cominciare a capire qualcosa del tuo folle modo di comporre musica, tutto va a farsi benedire. Non ho alcun dubbio che 'la Stanza' sia una canzone di enorme qualita', ma ti renderai conto che il ritmo bossa nova spiazza non poco. 

"Ma e' proprio questo il punto. Tutti i miei progetti nascevano per non limitare la mia creativita', e davo ad ognuno di essi un nome diverso per meglio indirizzare i miei ascoltatori. Oggi che ho conlcuso questa specie di ricerca, sotto il nome Agghiastru ti devi aspettare l'assoluta liberta' creativa. Il tema riprende quello del 'consumo' che avevo gia' affrontato in 'Piccatu', cioe' quello che accadeva la prima notte di nozze tra due amanti. C'e' tensione nell'aria. Lui, un letto, lei dall'altro lato. Si guardano, lei deve essere vergine, senza macchia, e' la solita storia..., e questa purezza deve esser mostrata a tutti all'indomani di quella notte, attraverso l'esposizione del lenzuolo macchiato di sangue. Sotto il cuscino c'e' un falcetto, serve a sgozzare. Da sotto il letto si percepisce il razzolare di una gallina. Poteva essere che le famiglie d'accordo prima, sapendo della non verginita' della ragazza, avessero preparato il volatile per il cerimoniale, e salvare comunque l'onore. Poteva essere che lo sposo ignaro dovesse usare il falcetto per ghermire la sua amata, c'e' odore di sangue comunque".

'Cadendo', il brano seguente, mi sembra uno dei piu' significativi. E' ipnotico, traspira maledizione da ogni solco, o cretto, e riesce a sintetizzare tutta la malìa siciliana che da anni porti con te. Nonostante si avvicini a sonorita' tex-mex, tinteggiate di rosso deserto americano, con un cantato anglofono potrebbe essere una ballad southern rock...non credi?

"Il deserto e' deserto ovunque. Forse nessuno prima di adesso aveva raccontato con la musica un deserto diverso da quello, ma se vieni nella mia isola, tra rovi, cretti e arsura, la musica che percepirai non puo' che essere quella. Effettivamente avevo in testa proprio un lungo cammino, alto, fiero, attraverso serpenti e fiumi aridi. La canzone 'Carennu' striscia, la mia voce e' sempre in bilico tra lo stonare e il soffocarmi in gola, come di chi, in questo fottuto deserto ci sta per lasciare la pelle. Ognuno di noi crede che il proprio cammino sia migliore di quello degli altri, e lo mostra anche, invece poi, ad una certa distanza, voltandoti, alle tue spalle non vedi altro che un lungo percorso fatto di cadute, e anche pesanti. Poi ritorni a guardare avanti e... cazzo! quella stella che stavi seguendo, che sembrava indicare la via, e' sparita. Capisci che non hai seguito nessuna direzione, andavi avanti cadendo, ovunque, credendo di fare chissa' quanta strada... puo' bastare?".

Certo, certo, non t'incazzare! Mi sembra che questa canzone ti abbia rievocato qualcosa di spiacevole... 

"E' come ti dicevo prima. Fai delle cose; il disco in questo caso, o ami una donna, o ti ubriachi per capirci qualcosa di piu' della vita, o pensi di mandarla a fare in culo questa assurda esistenza, e poi ti rendi conto che sono inutili le domande come anche le risposte, qualora ci fossero. Ti stai prendendo in giro. Sei un fottuto retorico che ama darsi un senso a tutti i costi. Il mio album me lo canto e me lo suono. Lei ti ama ma non puo'. La bottiglia finisce, diventa vuota, come la tua vita nonostante abbia fatto mirabili acrobazie. Altro che deserti...'Carennu' esprime tutto questo".

Possiamo procedere o mandiamo tutto a quel paese? In fondo, c'e' qualcuno che leggendo quest'intervista, o venendo ai tuoi spettacoli potra' ricavarne qualcosa di stimolante, non e' del tutto inutile... vivere! 'Rosa'.

"Ecco 'Rosa' e' un altro episodio dove credevi di aver fatto un passo avanti, e invece ne ricavi una gran caduta. La canzone parla della mia prima volta. Ero ancora un ragazzino e per sentirsi immediatamente piu' adulti mi portarono da questa prostituta di nome Rosa. Era carina. In casa avevamo appeso nel salotto una stampa di Degas, la ragazza di spalle che fa il bagno nella tinozza, io ero piccolo e innamorato di quel quadretto. Rosa sembrava essere uscita da quel dipinto. Era un concentrato di fragilita' e malìa. M'invitava ad andare tra le sue braccia e a non aver paura. Voleva mescolare il suo sudore col mio. Non coglievo bene tutte le sfumature. Fuori era al crepuscolo, c'erano le rondini e cominciava a far caldo sufficientemente per indurmi a togliermi i vestiti di dosso alla svelta. Concluso l'atto, alla svelta anche quello, vidi Rosa cambiar volto. Aveva le dita sui miei miseri spiccioli, 'quant'era stato facile' pensava...' e rimirava quei soldi come fossero carboni ardenti diamantati, ma sembrava felice. Io compresi la macchia che mi si era fusa addosso. Rosa in cambio di quel poco denaro mi aveva sottratto, (ma sarebbe ingiusto dirlo, lei in fondo e' stata vittima come me), qualcosa che avrei dovuto dare ad una persona che amavo e dalla quale ero ricambiato. Quello e' stato l'incontro con il 'tradimento', per la prima volta capivo cosa significasse esser tradito da qualcuno".

Perché a distanza di... vent'anni hai sentito il bisogno di farne una canzone? 

"Non saprei. Sono le cose che piu' mi hanno segnato nella mia vita in Sicilia. Seppi di Rosa qualche tempo fa, so che la trovarono appesa ad una corda, ormai vecchia e sola. Non male come storia per 'guadagnarci' qualcosa oggi. Mi piaceva avere un pezzo sorretto da un solo arpeggio di chitarra classica, monotono, sempre uguale, quasi soffocante come l'aria di quella stanza. E poi le rondini di sottofondo, quelle sì, ci dovevano stare. Tutto il brano poi va crescendo, ma mi da' l'idea che non porti da nessuna parte, come del resto la mia storia. Cioe', dici a te stesso, 'così e' stato, non ha colpa nessuno, e' il destino'. Potrei dirti che nella societa' attuale mi piace pensare che si possano riscoprire alcuni valori perduti come la verginita', ecco del perche' della nascita del brano... o fa troppo bacchettone...".

Bhe, a parte il tuo sarcasmo, la canzone e' veramente bella, e tra le piu' riuscite dell'album. Ma andiamo oltre. 'Ferru & Focu', così come per 'la Stanza', ha un testo cantato in italiano e non nel tuo dialetto, ma vorrei che aggiungessi ugualmente qualcosa...

"C'e' un momento nella relazione sentimentale dove ci si riduce a dover amare l'altro come in una sorta di assedio. Come achei a Troia. Diventa una lotta con mille sotterfugi, e' incomprensibile, due persone si amano, ma tentano di fregarsi in qualche modo. Ovviamente e' un'ingiustizia nei confronti dell'amore che queste persone provano l'un per l'altro, ma vuoi per orgoglio, vuoi per arroganza, la relazione precipita in un vortice di stupide battaglie che non lascieranno dietro di sé che rovine. Mi e' capitato di amare una persona, di esaltarla come una madonna, ma alla fine nessuno comprendeva quel mio stato d'animo, anzi veniva quasi interpretato come una sorta di sfida per voler reprimere la personalita' della mia amata. Quindi avanti alla lotta, tutti contro tutti. Dovevo amarla sapendo che lei impugnava la menzogna, e m'induceva a parlare la stessa lingua. Sapevamo d'amarci e di non volerci perdere, ma lei era fortificata da alte mura di falsita'. Alla fine, a 'Ferru & Focu' ho ceduto, stanco, inaridito, esangue. Chiaro che non ha vinto nessuno dei due...".

Ne parli come se vedessi ancora il campo di battaglia. Come uno che ancora non riesce a darsi pace, per una guerra che non ha voluto, e che sicuramente non ha prodotto altro che disfatta. Ma anche 'Tintatu' ha un testo in italiano e un riferimento a questo tema...

"Mi piace sperimentare un po' con la lingua. Solitamente scrivo la strofa in italiano, per esser piu' freddi in qualche modo, e nel ritornello, che nel brano sa un po' di 'liberazione' uso il dialetto, che sicuramente e' foneticamente piu' caldo. 'Tintatu' parla di una volonta' precisa, voler iniziare a vedere con i propri occhi. Evidentemente perdiamo di vista facilmente la realta' delle cose, e molto spesso ci conviene, per paura forse, continuiamo a vederle per quello che non sono. Occorre toccare il fondo, giungere al punto in cui non hai piu' nulla da perdere, neanche a guardare in faccia la realta', e quindi affrontarla. La canzone parla del momento in cui inizi a pensare al suicidio, sia quello morale che di altro tipo. Quando muori all'interno di un rapporto con una persona che ami, e non riesci a far collimare le tue dimensioni con le sue... ma alla fine, concludo dicendo, che in tutto questo, saremo sempre tentati di vedere con i nostri occhi... ma non li apriremo mai del tutto, ed e' un'altra delle tante lotte con noi stessi, persa".

Musicalmente...

"Mi piace molto. Ho usato il rhodes invece che il piano classico. Ha una fitta trama di accordi strani e un giro di basso arzigogolato niente male. Sa un po' di ninna nanna psichedelica".

Anche 'Parìa' va in questa direzione... 

"Sì, sono i due brani che un po' si discostano da tutto il resto. In entrambi i casi ho usato il rhodes e una ritmica piu' rock e baroccheggiante, con delle linee di basso molto marcate. La musica ricorda quella di un carillon in 3/4. Mia madre mi diceva sempre che dovevo immaginarmi l'amore come una ballerina e la sua musica, una di quelle che abita i carillon. 'Lei sta lì dentro, basta aprire la scatola e la musica inonda la stanza, e la ballerina balla solo per te'. Quindi l'amore e' qualcosa di invisibile, onirico che, in un certo senso, devi accettare per fede... come un vento, lo senti, ti scuote, ti abbraccia, ma non lo vedi. Quando tuttavia, l'amore o il vento, o la ballerina, ti restituiscono all'immobilita', dalle mie parti diciamo in un sospiro 'parìa', (tradotto in italiano sembrava, pareva) ... nostalgicamente sospiriamo dicendo 'sembrava che fosse arrivato un amore'. Quando sono in scena ho con me quel carillon, ma non lo apro mai, perche' mi piace fantasticare che la mia ballerina, dentro, continui ad esserci".

Effettivamente molte delle melodie e dei testi saranno meglio comprensibili nello spettacolo dal vivo. Infatti l'immagine di un cantastorie come quella che adoperi tu, rischia di essere limitata dal solo ascolto del disco. 

"Hai proprio ragione. Nel mio caso il Cd e' un contenitore di canzoni, ma senza le premesse, gli oggetti di scena, non sara' la stessa cosa far entrare il pubblico nell'astrazione che ho prodotto".

Prossimo pezzo... 

"E' stato bello immaginare l'arsura messicana e paragonarla a quella siciliana. Il risultato e' 'Stravìa'; ha una struttura semplice, poche percussioni, una melodia malinconica/ironica e il battito delle mani a impreziosire il ritornello. Ci siamo divertiti ad arrangiarla in questo modo. Successivamente abbiamo aggiunto un filo di chitarra flamenco e un contrabbasso. Dal vivo ne facciamo una versione molto piu' ritmata. Per il testo ti posso dire che, giunti all'apice di un amore andato a male, e' meglio spargerlo, disseminare ('straviari' in siculo) se vuoi ricominciare a vivere. E' un po' quello che dicevo prima, se vuoi guarire da un male devi per forza affrontarlo, se non vuoi soffocare in esso".

Ti vedo stanco...

"Lo sono!".

Bene, ma hai fatto tu diciassette brani da inserire nel Cd... 

"Ma sei tu che mi stai costringendo a spiegare a parole, pezzo per pezzo, perche' pensi che cantando in dialetto siculo possa risultare poco comprensibile. In realta' non mi frega molto di essere compreso. Se pensi che i molti di noi ascoltano musica in inglese senza comprenderne il senso profondo, perche' dovrebbero avere problemi col siciliano...".

Hai ragione, ma a me piace la vostra cultura e le emozioni che ti hanno spinto a creare 'Incantu', per cui credo sia interessante avere la possibilita' di approfondirlo. Ad esempio che mi dici di 'Suli', in questa canzone hai rinunciato all'uso del piano... 

"Gia', ho voluto concedermi un brano solo chitarra e voce. D'altronde l'antico cantastorie usava per lo piu' la chitarra. Poi anche la melodia della voce si sposava meglio con il suono delle corde, un po' mariachi. Il tema e' interessante. 'Suli' nel dialetto siculo puo' avere un doppio significato: SOLI, come di persone sole, o SOLE, l'astro del cielo. Il tema della solitudine mi ha sempre affascinato, e molto di piu' scoprirla dipinta sul volto della gente. Mi piace osservarla, e vedevo che, lì dove si rideva di piu' c'era sempre una gran solitudine mascherata. Ho imparato a riconoscere come gli altri stessero in compagnia, per paura di restare soli. Una squallida ipocrisia per gente che si sorregge a delle stampelle, con le quali invecchiera'. In quei sorrisi avvertivo un brivido di morte, di carne in putrefazione. E' triste, ma credo che il male assoluto per la gente sia la solitudine, ecco perche' molti si circondano di 'altri' qualunque, che magari non amano, non stimano, e giu' grasse risate a coprire quello che realmente pensano di loro, a mascherare i brividi della propria solitudine. Finisci con il coltivare amici che non vuoi, sposi una donna che sai essere sbagliata, perche' hai paura di rimetterti in pista, fai un lavoro che non volevi ecc ecc... Vivi, si fa per dire, la vita non rischiando nulla, purche' non rimanga solo. Io non ci sto. Non voglio nessuna stampella attorno... quindi il tema s'intende: meglio SOLI, e come un SOLE poter risorgere da qualsiasi situazione non partoriente".

Ecco per l'appunto. Lo trovo un bellissimo tema su cui hai saputo creare una splendida canzone folk/rock tutta siciliana, e volevi privare il tuo pubblico di una tale esaustiva spiegazione? A questo punto pero' il Cd prende una piega fortemente teatrale. Arriva 'Amorte', struggente momento poetico recitato in italiano su una base di crepuscolare fisarmonica.  

"Bene, hai detto tutto tu. Che dirti, nello spettacolo c'e' un momento dedicato a un vecchio cantastorie di nome Sarumantici. Lui ci sapeva fare con le donne, ma ahime' non aveva mai conosciuto il vero amore. Le impressionava con la sua fisarmonica, come il canto di una sirena. Pompava la sua malinconica musica attraverso il mantice poggiato sul petto, direttamente dal suo cuore, ma per quante ne conquistava... tanto era il vuoto che avvertiva dentro di se'. Tutto quell'amore si tramutava in morte dell'animo".

A questo punto del Cd troviamo delle bonus tracks, che altro non sono che dei brani del vecchio repertorio, rielaborate per lo stile di 'Agghiastru'. La prima di queste canzoni e' 'la Morti'. 

"Non mi andava di chiudere con il passato in maniera netta. Ho voluto traghettare qualcosa che i miei vecchi ascoltatori potessero riconoscere. 'la Morti' e' una filastrocca che iniziammo a scrivere con amici nel 1995, poi si e' un po' evoluta. Parla dell'inevitabile momento della morte, sorella della vita e che mai potremo pensare di combattere e sconfiggere. Su di un tessuto ritmico di mani, tamburi e campanacci, recito come uno sciamano questa nenia per esorcizzarla, affinche' essa  arrivi a noi il piu' tardi possibile, e' una tipica 'tammuriata' siciliana".

'Addisiu' dice parecchie cose a chi sta leggendo questa nostra lunga chiacchierata. Era il 1997 ed 'Addisiu' e' il titolo del tuo primo album. Disco che riscosse molto successo per la straordinaria capacita' e follia, di far convivere diversi generi musicali, senza pero' perdere mai di vista le tue radici siciliane. 

"Be', non potevo escludere la canzone 'Addisiu'. Ho utilizzato solo la prima parte dell'originale, dando piu' spazio ad un verso che mi piaceva molto, che pero' era rimasto un po' nascosto nella vecchia versione. Poi, con questa nuova veste, e' stata un po' il mio cavallo di Troia. Con i nuovi arrangiamenti, ho potuto vedere quali reazioni potessero avere i miei vecchi ascoltatori prima dell'uscita del disco, e il risultato e' stato positivo, segno che il mio pubblico e' cresciuto di pari passo con me. Parla di una novita': d'amore, nel senso di desiderarlo, sempre e comunque, anche quando questo ci fa soffrire e ci conduce alla fossa. Come diceva... 'beati chi nella sofferenza dell'amore vi troveranno conforto'. E io di soffrire, soffro, e di desiderare anche".

Questa te la sei inventata ora. Pero' e' vero, che gusto c'e' a vivere senza provare l'apice delle cose, delle emozioni, accontentarsi del surrogato. Altezze e sofferenza dunque. Anche 'Unia' e' molto vecchia e filosofeggia...

"Per 'Unia' posso dirti che, nella traduzione in italiano vuol dire 'agonia', ma in Sicilia indica, i rintocchi della campana a morto. L'idea mi venne suggerita da mia madre allorquando scostando la tendina della cucina, mi indicava la chiesetta del paese su per la collina. Mi diceva 'unia, unia', io non capivo, c'erano i bambini che giocavano e ridevano lungo il viale e nient'altro, e lei ancora 'unia, unia', poi mi fu chiaro che indicava il campanile della chiesa. Improvvisamente m'avvidi dei suoni che giravano nel cielo tra mia madre e il campanile. Erano suoni di morte e risa di bambini, in un giocoso rincorrersi. La morte mi parve meno tragica, e scrissi questa malinconica nenia al piano. Nella nuova versione adoro le chitarre di Rosario Badalamenti che, nel ritornello con solo due note rende il tutto chiarissimo, rosso come il tramonto di quel pomeriggio, beffardo come i miraggi del deserto, e fottutamente siculo".

Anche 'Curu'' e' stata rivisitata... 

"...ma non di molto. Gia' nella vecchia versione era stata concepita col solo uso del piano e della voce, qui ho solo aggiunto qualche elemento jazz, come il rullante 'spazzolato' e hit-hat. Alla fine cresce d'intensita' e diventa piu' dannatamente rock. 'Curu'' e' il modo affettuoso di chiamare la nostra amata, 'cuore mio'. Esprime un forte senso tragico del vivere l'amore. Noi usiamo termini 'affettuosi' come: 'sangu meu' sangue mio, 'ciatu meu' fiato mio ecc... insomma tutte cose senza le quali non potremmo fisicamente vivere. Quindi per noi siciliani 'l'altro', l'amato, diventa il senso della nostra esistenza: il sangue, il cuore, il respiro... cosa che per natura e' assurda. Ecco perche' l'amore, specie per gli amanti delle mie parti, non puo' che esser visto come un incontro di passioni forti, tendenti alla tragedia".

'Scuru' invece conclude il gruppo delle vecchie songs, come una tenera ninna nanna, se non fosse che tradotto dal siculo all'italiano significa 'buio'.

"E' vero, ma devi anche considerare che quando non avrai piu' paura dell'oscurita', perche' l'avrai affrontata, troverai in essa un senso di protezione. Hai paura del buio quando sei piccolo e non conosci le cose, oggi sei un uomo, hai faticato per esserlo. La mia ninna nanna ha un sapore agro/dolce, per adulti che sanno convivere con i lati luminosi e oscuri della propria esistenza".

Saggio, molto saggio. Ma giunti al termine del dischetto, ti sei concesso di dissacrare tutto. E' nota la tua ironia, e con'Vitti 'Na Crozza' non potevi che confermarla. 

"Mi sembrava giusto rendere omaggio alla mia isola, confezionando una nuova versione folkloristica di uno dei brani piu' popolari e conosciuti..."

Balle, hai pensato bene di attirare l'attenzione su di te, utilizzando una canzonetta solo in apparenza non aderente al tuo genere musicale. E ci sei riuscito. Proprio perche' sei un siciliano furbo e opportunista, hai manifestato la tua natura e il risultato e' intrigante, come le 'cose furbe' che solo i siciliani sanno fare. 

"Potrei offendermi, ma dico, potrei. In realta' mi sono divertito molto ad immaginare come potesse suonare 'Vitti 'Na Crozza' con gli accordi in minore. E lesto mi sono trovato su un palco a suonarla con un teschio sul piano. Nello show parlo della nostra presunta solarita', (dei siciliani intendo) ma in realta' 'Vitti 'na Crozza' parla di un morto che si lamenta, perche' non ha avuto sepoltura. Tutte le opere artistiche siciliane hanno un fondo di angoscia, dalla pittura alla scrittura, e non e' da meno la musica... Ho realizzato il desiderio della 'crozza', del teschio. Puoi sentirmi infatti nel sottofondo della canzone, che scavo con una pala, per dare una fossa al morente. C'e' del pesante pianoforte classico, dei tamburi d'accompagnamento, qualche chitarrina e la mia voce a rantolare di anni di vita perduti".

Bene, si conclude così, in una fossa, il viaggio a parole dell'artista Agghiastru, per descrivere i contenuti di un album, 'Incantu', che non manchera' di stupirvi. Ma vi assicuro che le parole non saranno sufficienti a cogliere tutte le sfumature che lo compongono. Non mancate quindi allo spettacolo dal vivo, totale full immersion in una Sicilia che dai suoi cretti, per voce dello sciamano Agghiastru, ha molto da offrire e incantarvi.  


Max Chinellato 

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