intervista Malnàtt

 

I bolognesi Malnàtt sono una delle poche realtà italiane ad aver cercato di inglobare le proprie radice nella musica estrema, cosa che sul nostro sito è di casa. Con il loro ultimo validissimo lavoro arriva anche lo special guest Agghiastru, dunque, come potevamo farci sfuggire l'occasione di parlare col leader supremo e indiscusso Porz? 

Il disco è parecchio tecnico. Considerando le riflessioni liriche abbastanza ‘profonde’ non pensi che il lato musicale possa distrarre l’ascoltatore dall’assimilazione del testo? E quanto pensi sia ancora necessaria, nel metal estremo, questo tipo di prova muscolare?

Ciao. Il disco è parecchio tecnico perché Mort (l’attuale chitarrista e compositore) non è capace di comporre in altro modo. Non è una prova muscolare, è che proprio non può fare altrimenti. Sarebbe come chiedere a Vendola di parlare con un vocabolario poco forbito perché l’ambiente intorno a lui è fatto di caproni. Col fatto che noi non suoniamo per soldi (purtroppo) e non dobbiamo rendere conto a nessuno (purtroppo) rimaniamo nel vendoliano atteggiamento di parlare la nostra lingua incomprensibile. Per tutti gli altri metallari che vogliono i power-chord c’è Salvini.

Raccontaci un po’ del coinvolgimento di Agghiastru e di dove ha messo il becco. Cosa ti aspettavi da lui, com’è che è avvenuto il vostro incontro e dunque come valuti il suo operato alla soglia dei suoi vent’anni di attività, più o meno quella dei Malnatt. State proprio invecchiando…

Agghiastru lo conosco musicalmente da prima che nascesse Malnàtt (sì in effetti siamo vecchi!) ma lo conosco di persona solo dopo che abbiamo suonato assieme al festival Metallo Nostrum che si è svolto nel 2013 in un paese lombardo dimenticato da dio (come tutti i paesi lombardi) con uno di quei nomi assurdi dei paesi lombardi, tipo Pessagno sul Bornasco o Presagio del Borgagno, non ricordo... Ricordo solo che fu un onore suonare assieme a lui e scambiarci le più disparate idee sulla musica, sul metal, sulla stampa specializzata e tutte quelle robe lì. Più che scambiarci opinioni in realtà le ascoltavo. Sì perché normalmente il Maestro sono io e quando ci sono io parlo io. Ma in quel caso c’era Agghiastru: il Maestro del Maestro. E non me la sentivo di interrompere i fantastici sproloqui surreali di quell’artista talentuoso e alienato.

Dopo 1 anno era alle porte la registrazione di quello che nelle mie intenzioni sarebbe dovuto essere l’ultimo album di Malnàtt (Swinesong): un testamento musicale in cui desideravo venisse omaggiato colui che ispirò la fondazione di Malnàtt. Un uroboro artistico-spirituale. Un cerchio che finalmente si chiudeva. E così ho invitato Agghiastru a mettere la sua voce (e in un caso anche il pianoforte) in tutte le canzoni in cui sentivo/sentivamo che sarebbe stata sensata e opportuna. Anzi, a dirla proprio tutta, dopo che ho sentito e visto la sua performance dietro al microfono ero quasi intenzionato di togliere completamente la mia voce e far fare tutto a lui. Sarebbe stata un’operazione dada-situazionista molto interessante, ma sarebbe anche costata troppo in termini di giorni di ferie e di albergo da prendere! Chissà se in futuro…

Artwork curatissimo. Ci spieghi questo tuo amore per il futurismo e da chi è stato realizzato il cartonato? Che idea ti sei fatto del contenitore della musica, vale ancora la pena spendere dei soldi per qualcosa che sarà maggiormente osservato, più che usato?

Dell’avanguardia artistica tutta italiana che va sotto il nome di Futurismo non solo apprezzo l’estetica in tutte le sue espressioni (poesia, pittura, architettura, etc.) ma soprattutto apprezzo l’ingenuità. Il suo continuo infantile richiamo alla guerra e alla rivoluzione che la rende così simile al black metal. Credo che il black metal sia esattamente futurismo in musica: fantastico nella forma e spassoso nei contenuti.
L’artwork, la grafica e tutto il resto è opera mia. Sì perché di lavoro faccio proprio queste cose qui e ho l’insana convinzione che abbia senso creare supporti fisici che possano rendere visibile e tangibile qualcosa di immateriale come la musica.

Di tutte le recensioni lette, e di tutte le interviste ricevute, cosa non ha visto scritto e cosa non ti hanno chiesto riguardo al tuo impegno e lavoro. Cose che ovviamente avresti preferito leggere o che ti fossero chieste. Pensi che la “stampa” sia attenta al lavoro artistico musicale? Pensi sia preparata, necessaria… Come avete promozionato Swinesong?

Mi sembra che nessuno si sia accorto che la prima canzone (Discordia) fosse il ponte di passaggio con il disco precedente: il titolo della canzone è la seconda parola del titolo dell’album precedente (Principia Discordia); l’unica frase che costituisce il testo è la stessa che conclude l’album precedente, e il fatto che si ripeta 4 volte è perché la struttura di tutto l’album precedente è fatta di ripetizioni x4 e tempi 4/4. Non è che sono cose obbligatorie da far notare ma se sei un addetto ai lavori sono elementi fondamentali da tenere presente prima di dire che Swinesong è “un taglio netto col passato”… Sì perché Swinesong è certamente un album diverso da ciò che lo ha preceduto ma non è un taglio netto con nulla, anzi, è un ponte verso future evoluzioni. E allora ai miei occhi gli addetti ai lavori diventano “inetti ai lavori”.

Riguardo alla promozione per questo album non abbiamo avuto alle spalle una grossa etichetta con distribuzione internazionale e neanche un ufficio stampa dedicato. Tutto ha ruotato intorno a noi, ed essendo noi degli anziani imborghesiti che preferiscono stare a casa in ciabatte a guardare Games of Throne piuttosto che andare in giro per l’Italia a suonare, le vendite sono andate in proporzione: un disastro! ah ah ah. Sarebbe troppo facile dare la colpa alla pirateria e al file-sharing: siamo proprio noi a essere inefficaci nel mondo reale.

 

 

Tu non suoni nessuno strumento, sei coinvolto a livello lirico/concettuale, e il vostro sembra proprio essere un collettivo di gente ‘per bene’. Perché ti esprimi ancora in questa forma, volendo obsoleta, ossia una band, il cd, il concerto… il racconto musicale del tuo ego. Che senso ha tutto questo?

Tutto il mondo fa parte del Collettivo Malnatt, solo che non lo sa ancora. Non siamo una band: siamo un pianeta. Solo in pochi però sono i risvegliati: la line-up e una manciata di fans. Quando avrò la forza economica di evangelizzare il mondo vedrai quanti pelati coi baffi ci saranno in giro. Vorranno essere tutti porzificati nel nome del loro signore. I missionari di Scientology verranno in sala prove a farci le seghe. Anche Gesù si convertirà alla religione di Malnàtt e smetterà di resuscitarsi nel pane e nel vino e deciderà di essere porco. Le altre band continueranno invece a fare le cover e saranno felici così.

 Che mi racconti delle vostre imprese live e come vedi la situazione concerti (underground) italiana. Vuoi dirci qualcosa dei tuoi fidi collaboratori o rimarranno sempre schiacciati dalla tua imponente personalità?

La situazione live la vedo grigia. No anzi verde. Ancora meglio la vedo “al verde”. Al verde sono i musicisti che spendono tutto in strumenti, testate e pedalini che alla fine sono tutti uguali e inutili. Al verde sono i locali che non possono o non vogliono pagare chi non gli assicura lo sbigliettamento. Al verde sono le band che continuano a pagare per fare dei tour di spalla a qualche coglione fintosatanista nordeuropeo credendo di essere fighi ma diventando poco meno che delle puttane da sbarco.

I miei fidi collaboratori non sono schiacciati dalla mia imponente personalità perché io quasi non ce l’ho una personalità: come ogni leader sono leader per via della mia insicurezza. Se avessi una personalità non perderei tempo con la setta di Malnàtt ma mi dedicherei ad abbordare ragazzine ubriache nei locali.

Grazie per le risposte, spero che il futuro sia roseo e se qualche nostro estimatore vorrà avvicinarsi all'opera Swinesong, ecco il contatto diretto con la band bolognese: info@malnatt - malnatt.org

marco INCH Productions staff

 

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